L’arte di saper ascoltare: esercizio

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Comunicare non significa solo parlare: l’ascolto rappresenta una parte fondamentale di una buona comunicazione. La maggior parte dei conflitti nasce dal non aver saputo ascoltare ciò che l’altro ci stava dicendo, dall’avere in mente la risposta da dare prima ancora che la domanda dell’altro sia stata fatta! Spesso ci si lamenta della comunicazione con le altre persone. Cosa non va? Come mai quello che voglio dire all’altro non arriva cosi come vorrei che arrivasse, e viceversa?

Ciò che veramente manca nella comunicazione è l’ASCOLTO. E’ una cosa che diamo per scontata, ma è proprio la base di una buona ed efficace comunicazione.

Mentre ascolto l’altro posso trovarmi a:

  • pensare a cosa dire subito dopo
  • pensare ad altro
  • mettermi sulla difensiva 
  • interrompere l’altra persona.

Tutto questo non è ascolto. La regola base dell’ascolto è saper tacere! Se l’altro sta parlando, sta esponendo un pensiero, per poterlo ascoltare veramente dovrò stare in silenzio. Siamo portati ad interrompere l’altro e a dare consigli non richiesti.

L’ascolto presuppone tre componenti:

  1. silenzio
  2. un’attenta osservazione dell’altro (verbale: cosa dice / non verbale: come lo dice, tono di voce, gesti, mimica facciale)
  3. essere presenti (ci sono mentre parli, sono qui).

Vi propongo un esercizio:

scegliete una persona a voi vicina, può essere vostro marito /moglie/figlio/madre.

Mentre vi parla e vi racconta qualcosa prestate la vostra totale attenzione a lui e a ciò che sta dicendo: siate degli attenti osservatori, portate attenzione a ciò che dice, al tono di voce e alle sue sfumature, alle caratteristiche del corpo e del volto (mimica facciale, come si muove). Notate ogni piccolo particolare. E ascoltate, senza intervenire, finché non avrà terminato (sempre se alla fine chiederà la vostra opinione, mettete in conto che potrebbe non farlo!).

Vi sembrerà un esercizio sciocco, ma provare per credere! Noterete come sarà difficile stare attenti ad ogni dettaglio, come dovreste mordervi la lingua per evitare di intervenire ad ogni frase dell’altro, e vi stupirete di notare la reazione dell’altra persona quando si renderà conto del modo in cui lo state ascoltando, che sono sicura sarà diverso dal solito!

 

Il conflitto: 4 strategie per affrontarlo al meglio

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Oggi vediamo 4 strategie per cercare di affrontare al meglio il conflitto. 

  1. Parlare in prima persona. Spesso, soprattutto nelle situazioni conflittuali, c’è la tendenza ad usare messaggi “Tu” che denotano aggressività e risvegliano l’aggressività dell’altra persona, puntando il dito verso l’altro e mettendolo in una posizione di difesa a prescindere. La comunicazione in prima persona, invece, permette a noi stessi di esprimere le nostre posizioni e vissuti emotivi: “Io penso che…”, “Io provo disagio quando”, mettendo l’altro nella condizione di non essere giudicato e criticato e quindi più aperto all’ascolto;
  2. Ammettere i propri errori. Di fronte alla critica per qualcosa che abbiamo fatto tendiamo a metterci sulla difensiva anche di fronte all’evidenza. Davanti ad un errore palese la serena ammissione porta ad un’inaspettata diminuzione della conflittualità e abbassa il livello di aggressività dell’altra persona. “Si, questa cosa effettivamente l’ho sbagliata”: in questo modo smorzeremo all’istante la rabbia e la recriminazione dell’altra persona, prendendola alla sprovvista;
  3. Chiedere informazioni. Di fronte ad una critica che ci viene rivolta, proviamo ad approfondire ed entrare nel dettaglio: potremmo, cosi, cogliere dei suggerimenti qualora questa sia costruttiva, oppure poterci difendere meglio se è manipolativa. E’ una strategia efficace poiché porta entrambi a razionalizzare e contestualizzare la critica smorzando i toni emotivi. “Non mi piace come mi tratti” – “cosa di preciso non ti piace?” / hai un modo di fare che non mi piace” – “in che senso non ti piace?” – ” non lo so, forse ultimamente sono nervoso e non riesco a tollerare niente” – ” cosa potrei fare per aiutarti?”;
  4. Ammissione parziale. Di fronte ad un conflitto, ammettere che l’altro abbia parzialmente ragione, accettando una parte delle sue argomentazioni, per poi affermare il proprio punto di vista. “Si, in parte hai ragione…però io”. Questo riduce l’aggressività dell’altro concedendogli una parziale vittoria, e al tempo stesso ci permette di esprimere la nostra opinione al riguardo. Esempio: “hai fatto veramente un brutto lavoro!” – ” Sono d’accordo che questo sia un brutto lavoro, ma con un maggior tempo a disposizione e più soldi avrei potuto far meglio”.

Il conflitto: perché nasce e a cosa porta. Esercizio

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Possiamo definire i conflitti come situazioni in cui le persone assumono posizioni diverse rispetto a qualcosa. Il conflitto fa paura poiché immaginiamo una situazione non risolta o non risolvibile:le due parti si irrigidiscono sulla propria posizione, portando ognuna di esse ad una escalation emotiva che può minare o distruggere la relazione.

Il terreno di base di un conflitto ha come punto di partenza l’ambiguità: una persona ha interpretato una situazione o un comportamento secondo il proprio schema mentale; il conflitto nasce nella mente della persona. Ognuno ha il proprio filtro di interpretazione di ciò che accade (la famosa mappa mentale di cui abbiamo parlato la scorsa settimana): questo significa che ciò che noi viviamo è una nostra rappresentazione ed interpretazione di ciò che accade, e non la realtà cosi com’è.

Ognuno di noi si comporta, di fronte al conflitto, in modo diverso: c’è chi cerca di trovare una soluzione, chi fugge, chi fomenta il conflitto per affermare se stesso.

Il conflitto nasce quando non si riesce a comunicare all’altro il proprio bisogno e si finisce per agire cercando di soddisfarlo in modo diretto. Ha alla base una scarsa comunicazione tra le persone, una difficoltà a comunicare ciò che si vuole.

Facciamo un esempio: una moglie sente il marito distante, vorrebbe un abbraccio perché si sente giù in questo periodo. Si aspetta che lui lo capisca, senza che lei glielo dica apertamente. Lui, ignaro di tutto ciò, continua la sua vita e le sue abitudini, finché un giorno lei esplode e apre la strada al conflitto: “stai sempre davanti alla televisione, non ti importa nulla di me, pensi solo a te stesso!”. Questo può dar vita ad un’accesa discussione, in base a come il marito risponderà. Come si sentirà la moglie al termine della discussione? Peggio di prima. Il suo bisogno era quello di un abbraccio, un conforto, una rassicurazione. E ciò che ha ottenuto, al contrario, è maggiore lontananza, frustrazione, tristezza, rabbia.

Cosa ci impedisce di comunicare i nostri bisogni all’altro? Di renderli espliciti?

Orgoglio, tendenza a dare per scontato, o forse anche la difficoltà ad avere chiari in mente quelli che sono i nostri veri bisogni. Se so cosa voglio, riuscirò più facilmente a comunicarlo all’altro.

L’esercizio che ti propongo oggi parte proprio da questo: immagina una situazione di conflitto con una persona a te vicina. Ora compila le seguenti frasi:

  • persone: chi è coinvolto (i protagonisti, ad esempio io e mio marito) …………….
  • situazione: cosa è successo (abbiamo discusso perché lui sta sempre davanti alla tv e non mi aiuta in casa)………………………..
  • Bisogno sottostante: qual era il tuo bisogno sottostante la discussione? (vorrei vederlo più partecipe alla vita domestica, che mi stesse vicino, che mi aiutasse: bisogno di sicurezza e appartenenza)
  • reazione A: come ho reagito io (gli ho detto che, me ne sono andata, ho tirato un piatto, ecc)……………….
  • reazione B: come ha reagito l’altra persona (ha alzato la voce, se ne è andato, ecc) ……………………………….
  • cosa avrei potuto fare o dire per rispondere al mio bisogno? (avrei potuto andargli vicino, proporgli di fare qualcosa insieme, abbracciarlo, essere io per prima gentile con lui se voglio a mia volta ricevere gentilezza, chiedergli apertamente di svolgere uno specifico lavoro in casa, ecc).

Sono piccoli spunti che possono farti riflettere su:

  1. quali sono i tuoi bisogni,
  2. se e in che modo li comunichi, 
  3. cosa potresti fare di diverso.

Non esiste la formula magica utile in tutti i casi e con tutte le persone: sta a te osservare attentamente come comunichi, cosa vorresti ottenere da quella comunicazione e cosa potresti fare per ottenerlo.

5 modi per aiutare i bambini a coltivare le proprie competenze e talenti naturali

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Howard Gardner, psicologo e docente statunitense, fu il primo a sostenere che non esistesse un unico tipo di intelligenza fondamentale per avere successo nella vita, ma che ce ne fosse un’ampia gamma. Egli sosteneva  che “Dovremmo passar meno tempo a classificare i bambini e più tempo ad aiutarli a identificare e coltivare le loro competenze e i loro talenti naturali. Ci sono centinaia e centinaia di modi diversi per avere successo, e molte, moltissime diverse capacità che possono aiutare a farlo”. Questa ipotesi fu una rivoluzione. Si partiva dall’idea che i bambini non dovessero essere classificati come intelligenti o non intelligenti facendo riferimento a scale che misuravano il quoziente intellettivo come se fosse una capacità unica.

Siamo tutti diversi, ed è proprio questo il bello. Ma spesso si tende a desiderare di uniformarsi, e purtroppo questo è ciò che richiede la scuola di oggi. Gli educatori, gli insegnanti, dovrebbero essere dei facilitatori, coloro che permettono al bambino di sperimentare e di conoscere meglio, mettendogli a disposizione gli strumenti per farlo.

Mi dispiace molto sentire genitori e insegnanti dire “gli do un gioco, gli organizzo un’attività, ma non la fa come andrebbe fatta”. E allora io mi chiedo, e gli chiedo: “E come andrebbe fatta?”. In questo si presuppone che ci sia un modo giusto e sbagliato, ma non è cosi. Noi diamo gli stimoli ai bambini, ma sono loro a decidere cosa farne! Se do ad un bambino dei contenitori con della pasta, mi metto di lato ed osservo semplicemente ciò che fa. Nella mia testa posso immaginare che decida di riempire i contenitori e di spostare la pasta da un contenitore ad un altro, ma questo probabilmente è quello che farei io. Ma io sono io, e lui è lui. Lasciamo liberi i bambini di sperimentare, di trovare il loro modo, di scoprire e di mettersi in gioco. Non interveniamo, se non sono loro a chiedercelo.

Come possiamo aiutare i bambini a coltivare le proprie competenze e i propri talenti naturali?

  • approfittate di questi giorni a casa. So che molti penseranno che i bambini ne soffrono, che non possono uscire e vedere gli amichetti. Questo è vero, ma è anche vero che questo tempo nel loro ambiente, con le persone a loro care, è per loro la condizione ideale. Permettetegli di viversi il proprio ambiente e di scoprire come vogliono viverselo
  • non temete la noia. Le idee più strepitose, le invenzioni, sono emerse proprio dal nulla. Più penso ad una cosa, meno riesco. Ecco, non temete che i bambini possano annoiarsi. Non dovete essere li pronti, 24 ore su 24, ad organizzare attività su attività. C’è il momento in cui il genitore organizza il tempo del bambino (mangiare, dormire, bagnetto, perchè sa cosa è meglio per lui), ma c’è un momento in cui il bambino deve essere libero di crearsi il suo gioco. Potrebbe sorprendervi cosa riuscirà a fare.
  • non abbiate aspettative. Nel momento in cui fate qualcosa insieme, dal preparare i biscotti ad un’attività che avete proposto voi, non abbiate aspettative su come il bambino dovrebbe o non dovrebbe svolgerla. Osservate come si approccia, cosa fa, come gestisce il materiale che ha di fronte
  • intervenite solo se vi viene chiesto. I genitori possono avere la tendenza ad intervenire, come se il bambino non sapesse cavarsela da solo. Pensate a voi stessi, mentre state facendo qualcosa, e qualcuno vicino a voi tende ad intervenire dicendo come e cosa dovete fare. Come vi sentireste? Bene, cercate di non intervenire, a meno che il bambino non sia in pericolo! Se non riesce in una cosa, lui tenterà e tenterà, e sarà proprio questo tentare a far crescere la sua determinazione, a non farlo cedere di fronte alla frustrazione e a fargli trovare il modo giusto. Qualora non dovesse riuscire, sarà lui a chiedervi aiuto ed in quel caso potrete mostrargli come “potrebbe” fare, come fareste voi: non come si fa (come si fa, sempre secondo voi)
  • lasciateli esprimere. Il maschio gioca con le bambole e la cucina? Le femmine con le macchine? Ma non si fa! E chi lo ha detto? Il bambino che gioca con la bambola e finge di preparare il pranzo non fa che imitare ciò che vede dalle persone intorno a lui: la mamma che gli prepara il cibo, il papà che gli fa il bagnetto o gioca con lui. Egli non fa che riprodurre, nel gioco, una parte della sua esperienza: perchè non dovrebbe farlo? Lasciateli liberi di scegliere e di seguire le loro preferenze: questo li aiuterà, da adulti, a non seguire strade già costruite o il famoso “si fa cosi e basta”, ma a scegliere in base ai loro desideri e a ciò che vogliono.

Riparto da me, lasciando andare: meditazione

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Riparto da me. Mi piace l’idea del ripartire. Possiamo incontrare ostacoli, piccoli imprevisti che possono fermarci momentaneamente. Magari le cose non sono andate come pensavamo, come avevamo immaginato…Ma c’è sempre la possibilità di rimettersi in viaggio, di ripartire.

Con la meditazione di oggi intraprendiamo questo viaggio facendo una sosta importante: lasciamo andare ciò che non vogliamo portare con noi. Cose, persone, sensazioni, parole, gesti, preoccupazioni. Prepariamo la nostra barca, mettiamoci dentro ciò che vogliamo lasciar andare, e guardiamola allontanarsi da noi, per poi riprendere il nostro cammino.

Liberiamoci da ciò che non ci serve

Oggi, 25 aprile, festeggiamo la liberazione dell’Italia. Certo quest’anno é un giorno un po diverso dal solito..niente barbecue scampagnate, ritrovo con gli amici. Ma come sempre, in questa quarantena, voglio proporvi di trovare in questo “stare”un momento per riflettere…

Ripensa a due mesi fa…svolgevi la tua vita normalmente, magari di corsa, preso da vari impegni. Come stavi?

Ora pensa ad oggi: come stai? C’è qualcosa di cui ti sei liberato? Qualcosa a cui non vorrai tornare quando riprenderai la vita di prima? Puo essere qualsiasi cosa,anche piccola. Non voglio tornare nella palestra in cui andavo,ma cambierò. Non voglio tornare a quei ritmi frenetici, cercherò di cambiare.

C’è qualcosa, qualche nuova abitudine che hai trovato in questi giorni a casa, che vorrai introdurre nelle tue routine quotidiane?

Ci liberiamo veramente quando capiamo cosa ci pesa ed inseguiamo cio che ci fa stare bene.

Voglio liberarmi di…

Mi fa stare bene…

Buona festa della liberazione.

Affermarsi, senza stancarsi. Come poter esprimere le proprie idee

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Non c’è contraddizione tra esprimere le proprie idee ed essere rilassati. se si affermano i propri diritti senza essere rilassati si rischia di diventare tesi, permalosi e aggressivi. Ma se si è rilassati senza saper esprimere le proprie idee di finisce per risultare deboli. Per esprimere le proprie idee, il proprio punto di vista, non è necessario puntare i piedi ed alzare la voce. Se siamo in contatto con noi stessi, con le nostre emozioni e i nostri bisogni, saremo in grado di farlo.

Se vuoi imparare ad affermarti di più, prova questo piccolo esercizio. Scrivi delle frasi prendendo ad esempio quelle che seguono, o inventane di tue, e portale sempre con te: nell’agenda, sul cellulare, nella borsa.

  • Sono importante come gli altri, ho desideri e bisogni legittimi
  • se non mi prendo cura di me non posso essere di aiuto agli altri
  • gli altri chiedono se hanno bisogno: posso fare altrettanto
  • esprimere le proprie idee è di esempio per i miei figli
  • tutti hanno bisogno di dire no quando è necessario

Quando ti senti timoroso, insicuro, tirale fuori e leggile. Se ti viene fatta una richiesta, prendi un bel respiro, prendi tempo con l’altra persona e chiediti: come mi sento rispetto a questa richiesta? Leggi le tue frasi, ascolta le tue emozioni e solo dopo potrai dare una risposta in linea con te stesso.

E’ importante essere in contatto con le proprie emozioni e sensazioni per potersi ascoltare ed agire di conseguenza. Avete presente quel nodo allo stomaco? Ecco, potrebbe essere il segnale che non state dicendo no ad una richiesta anche se questa vi pesa! Imparate ad ascoltarvi di più, vi stupirà scoprire quanti segnali il corpo vi manda, capendo prima della mente se c’è una situazione che non vi va a genio.

Il tema della settimana è Riparto da me. Ti propongo la lettura di un testo “30 modi per vincere lo stress” di Christian Schriner, da cui vengono tratti alcuni esercizi della settimana.

Sai che le emozioni positive sono contagiose?

Spesso ci concentriamo sulle emozioni negative,e su come il malumore di chi ci sta intorno ci possa contagiare. Ma sapete una cosa? Questo contagio vale anche per le emozioni positive! Se sono felice,se esprimo gioia e gentilezza, questo contagierá chi mi sta vicino, contribuendo a creare un clima sereno. Non devo esprimere gioia da tutti i pori: basta un sorriso,una carezza, una parola carina
.. Piccoli gesti che possono contribuire a fare sentire meglio noi stessi e chi ci sta accanto. In questi giorni in cui siamo a casa,proviamo a mettere in atto questa piccola capacità. Anche se tuo marito ti fa arrabbiare e vorresti non vederlo,o i tuoi figli fanno i capricci,o sei nervoso: prova a cambiare strategia. Quando ti guardano fagli un sorriso, sottolinea una loro qualità, dagli un abbraccio. Sicuramente li prenderai alla sprovvista, ma resterai stupito anche tu dell’effetto che possono avere questi piccoli gesti ..

Aprirsi al piacere e alle emozioni positive :test

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Ti sei preso un momento per leggere quest’articolo. Bene: fermati un attimo e assapora quello che provi in questo momento. Non c’è una sensazione giusta o sbagliata, ascolta semplicemente le tue emozioni e accoglile. Come stai? Potresti stupirti nel notare tranquillità, serenità, uno stato quiete…ah, ma allora si può?Non devo per forza stare in tensione, in ansia, in allerta? E già. Se, invece, noti una qualche tensione, lascia che si attenui: fai alcuni respiri lenti e profondi e ripeti a te stesso “Ho il diritto di godermi questo momento / posso stare tranquillo/ ci sono sempre problemi, ma qui e ora mi sento bene.

Ti propongo un piccolo test. Leggi le situazioni riportate di seguito e domandati se ti sentiresti libero di fare queste cose con le persone a te care:

  • raccontare barzellette
  • prendere in giro qualcuno amorevolmente
  • fare il solletico a qualcuno
  • abbracciare una persona sull’impulso del momento
  • fare la lotta
  • indossare indumenti stravaganti
  • fare un piccolo scherzo
  • recitare una poesia o cantare a squarciagola

Ora domandati se quando sei solo, saresti capace di fare queste cose:

  • mettere la musica e ballare
  • imitare un chitarrista rock davanti allo specchio
  • metterti a giocare con il pongo, la pasta di sale, i colori, scrivere poesie
  • divertirti con i giocattoli dei bambini.

Se ci si concede di comportarsi in modo infantile, quali pensieri e sensazioni vengono a galla? “Si può, non si può, ma che sto facendo?” Che cosa succederebbe se ti sentissi libero di farlo?

Smetti di lottare con i doveri, le regole, il si fa o non si fa. Il piacere e l’ansia sono come due diversi canali di un televisore: non cercare di controllare il piacere, conceditelo. Smetti di lottare e ricorda che spesso anche i piccoli piaceri tranquilli hanno il loro fascino. Goditi i piccoli gesti. Quanto meno controllo, tanto più mi avvicino al piacere.

Il tema della settimana è Riparto da me. Ti propongo la lettura di un testo “30 modi per vincere lo stress” di Christian Schriner, da cui vengono tratti alcuni esercizi della settimana.

Riparto da me: da sola o in compagnia? Esercizio

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Il titolo di quest’articolo è provocatorio: che cos’è poi la solitudine? Siamo realmente soli? C’è chi si sente solo anche in mezzo a tante persone, e chi seppur solo fisicamente si sente in compagnia. Dove sta la differenza?

Questa settimana affrontiamo il tema “Riparto da me”. Abbiamo stabilito il tragitto da percorrere, esaminato con occhio critico la nostra mappa (ricordando che la mappa non è il territorio). Ora proviamo a riflettere su questo tema: questo viaggio lo intraprendo da solo o c’è qualcuno accanto a me?

Come si fa a non sentirsi soli e spaesati? A non farsi spaventare da un viaggio che può prevedere mille variabili? La risposta sta proprio nell’immaginare un compagno di viaggio!

Che sia reale, o immaginario, è importante sapere di non essere soli in questo viaggio. Se mi volto (di lato, o dietro di me) chi vedo? Chi voglio al mio fianco? Potreste vedere un amico, il partner, un genitore, vostro figlio, il vostro animale domestico, oppure voi stessi. Me stesso? Si, perché credo in me e so che non sarò mai solo. Troppo spesso sottovalutiamo il nostro ruolo, la nostra presenza. Non importa chi sia la persona che immaginate al vostro fianco, purché sia una persona che vi vuole bene e che soddisfa le vostre esigenze e i vostri bisogni.

Ti propongo un esercizio, perché mi piace l’idea che tu possa sperimentarti in qualcosa di pratico per mettere in atto ciò di cui parlo.

Prenditi un momento (probabilmente già lo stai facendo mentre leggi quest’articolo). Ascolta l’audio con le mie parole, o se preferisci leggi ciò che ho scritto di seguito.

“Immagina che una persona profondamente altruista e comprensiva ti stia accanto, tenendoti la mano sulla spalla in modo rassicurante e offrendoti parole di conforto. Tu ascolti, e magari prendi nota dei consigli che ti vengono offerti, come un dono. Poi continua a svolgere le tue attività, sapendo che potrai sempre chiedere incoraggiamento e aiuto ogni volta che lo desideri”

Quando lo sconforto, la paura e le preoccupazioni prendono il sopravvento prova a chiudere gli occhi e ad immaginare di avere accanto a te un compagno di viaggio, qualcuno che sia li per te, per incoraggiarti e per darti quelle parole di conforto e quell’abbraccio di cui hai bisogno. Non sei solo.

Il tema della settimana è Riparto da me. Ti propongo la lettura di un testo “30 modi per vincere lo stress” di Christian Schriner, da cui vengono tratti alcuni esercizi della settimana.