Serenità:l’armonia tra il pensare,il dire e il fare

Serenità…che cos’è? Assenza di turbamento, armonia, tranquillità. Ma cosa ci permette di essere sereni? L’equilibrio e l’armonia tra ciò che pensiamo, ciò che diciamo e ciò che facciamo. Spesso mi rendo conto di quanto le persone abbiano difficoltà ad esprimersi, a comunicare, ad essere chiari. Come mai? Perché hanno difficoltà a capire cosa vogliono, cosa pensano, non si fermano a domandarsi: cosa voglio, come mi sento, cosa provo? É difficile comunicare bene se non abbiamo chiaro in mente ciò che pensiamo e che proviamo. E, di conseguenza, difficilmente potremmo esprimere con le nostre azioni ciò che siamo: ne uscirà un quadro confuso,poco chiaro. Le persone serene non hanno bisogno di parlare male degli altri, non sono invidiose, rancorose. Perche? Perché sono convinte che tutto parta da loro, e quindi se qualcosa non mi sta bene (situazione, relazione, ecc) spetta a me il compito di fare qualcosa per cambiare la situazione, senza aspettare che quel qualcosa venga dall’esterno. Cio significa mettersi in discussione, agire, farsi domande e cercare risposte.

Allora fermiamoci un attimo a “conoscerci”, a capirci, a chiederci chi siamo e cosa vogliamo. Solo successivamente saremmo in grado di comunicare in modo chiaro e di agire secondo ciò che siamo..e tutto sarà in perfetta armonia.

La domanda che non si fa mai: come stai?

Vi é mai capitato di fermarvi,guardare negli occhi una persona,e chiedergli in modo serio e interessato “come stai?”. Forse ci sembrerà una di quelle domande che facciamo spesso, ma bisogna fermarsi a riflettere su come si fa questa domanda. Mi interessa veramente sapere come sta l’altro o é solo una domanda di routine, che fa seguito ad un saluto? È una domanda che ha molto valore, se fatta con il giusto intento. È una domanda di interesse, aperta, che dà all’altro la possibilità di aprirsi, di parlarci di lui, di raccontarsi. Partendo da ciò che vuole, da ciò che per lui é importante in quel momento. Spesso ci si ritrova a chiedere: come é andata a lavoro? Come é andata in palestra?come é andata la cena? Domande sbrigative che prevedono una risposta secca; bene, male. Ma il chiedere come stai indica un profondo interesse verso l’altro. Pensate a voi stessi: come reagite di fronte a questa domanda? Sicuramente vi fermate un attimo a riflettere, chiedendovi in prima persona “come sto?”. Vi interrogate, vi date una risposta e la condividete con l’altro. Emerge qualcosa di voi. É la prima domanda che faccio quando le persone vengono a studio da me e si siedono sulla poltrona… “Come stai?”…una domanda che apre un mondo, se fatta con il giusto intento.

Il vero amore? Desiderare la felicità dell’altro

Ci sono vari tipi di amore:

-l’amore infantile:io mi amo,amo quello che faccio, che poi si trasforma in “amo il me in te. Ti amo perché sei mio fratello,mio padre ecc”

-quello adolescenziale: ti amo perché mi piace come balli, mi piace la tua bellezza, il tuo cervello

– e poi c’è lo stadio adulto dell’amore. Voglio amarti e amare te perché voglio vederti felice.

Eh già,il vero amore é desiderare la felicità dell’altro. Cio che ci rende felici non é ciò che lui rappresenta (e che compensa una nostra mancanza, o che ricopre un vuoto) o ciò che l’altro fa per noi. Ma la sua felicità. Il potere massimo dell’amore é desiderare la felicità dell’altro… un sentimento che non nasce con uno “scopo”, ma che é li, libero, incondizionato, senza un ritorno aspettato…c’é perché é così che deve essere…amo l’altro non perché mi torni qualcosa indietro, ma per il puro desiderio di amare e di volere la sua felicità…

Perché critichiamo gli altri?

A chi di noi non é capitato alzi la mano. A tutti,almeno una volta,ne sono sicura!A qualcuno spesso, ad altri meno, ma nessuno é esente dalla critica. É facile puntare il dito sull’altro, sottolineare gli errori, gli sbagli, giudicare,pensare che noi avremmo fatto diversamente. Ma il fatto é che non siamo noi in quella situazione, non possiamo sapere come si sta, come ci si sente ne tantomeno cosa avremmo fatto noi al posto dell’altro. La critica prevede una grande dose di energia. E probabilmente il più delle volte serve a distrarci da noi stessi, dai nostri problemi, dalla nostra situazione. Perche non provare ad utilizzare questa energia per noi stessi? Osserviamo l’altro, ciò che dice, ciò che fa. Poi, però, fermiamoci e portiamo l’attenzione su noi stessi. Cosa diciamo,come ci comportiamo, cosa facciamo. Dedichiamo quel tempo e quell’energia a noi stessi, anziché alla critica. Se l’altro ha bisogno di noi, ci chiede aiuto, allora interveniamo per aiutarlo (ho detto aiutarlo,non criticarlo!). Altrimenti spostiamo il nostro sguardo su noi stessi ed investiamo per il nostro benessere e i nostri obiettivi. La critica non serve né a chi la da ne a chi la riceve. Il confronto,invece,é tutta un’altra cosa…

L’unicità del percorso terapeutico

Come funziona la terapia? Quanto dura? Queste sono le domande più frequenti, le curiosità che spesso ruotano intorno ad una seduta dallo psicologo. Nessun percorso è uguale ad un altro, ed i tempi della terapia non sono mai definibili a priori. Ci sono molte variabili in gioco, ma è bene sapere fin dall’inizio che strada si sta percorrendo e dove si vuole arrivare. Chiedo sempre alle persone che vengono in seduta da me come vorrebbero vedersi,che obiettivi vorrebbero raggiungere. Questo perché il percorso terapeutico é un percorso che ha degli obiettivi chiari, che vanno dalla risoluzione di un sintomo ad una più generica sensazione di serenità che si vuole raggiungere. In ogni caso è la persona a decidere dove andare, dove condurrà questa strada, il compito del terapeuta è quello di accompagnarla in questo viaggio indicandogli gli strumenti che può utilizzare nel proprio cammino. L’obiettivo finale è che la persona, poi, prosegua questo viaggio da sola, con un bagaglio di strumenti e di risorse, derivanti dal percorso terapeutico, utili a percorrere la strada e a raggiungere la meta.

Possiamo raggiungere la felicità da soli?

Oggi vi racconto una storiella, che vede protagonisti due diavoletti. Il più giovane chiede all’anziano: “Come faccio a convincere gli umani a perdere la serenità e ad affidarmi la loro anima?”. L’altro rispose: “Fai in modo che pensino sempre al passato, agli errori, al tempo perduto, cosi saranno talmente tristi da non poter rinunciare alla tua offerta. Oppure inducili a concentrarsi sul futuro, cosi che cedano sotto il peso dell’ansia e delle preoccupazioni. L’importante è che non li lasci pensare al presente. Se lo facessero si accorgerebbero che possono benissimo raggiungere la felicità da soli, e nessuno accetterebbe mai più di lasciarti la sua anima”…

Che ne pensate di questa storia? E’ quello che spesso ci capita di vivere: la tristezza pensando al passato (un qualcosa su cui non possiamo più agire, non possiamo cambiare ciò che è stato), o l’ansia per le scelte future (anche qui non possiamo fare granchè, se non preoccuparci). Su cosa, allora, possiamo agire? Sul presente!Eh si, il presente, l’oggi, l’attimo che stiamo vivendo, è l ‘unica dimensione su cui possiamo muoverci. Oggi, ora, io posso fare delle scelte: diverse dal passato e come base per le scelte future. Ma è solo in questo momento che ho potere di agire. E se agisco, se penso alle scelte attuali, alla mia vita, a ciò che va bene e anche a ciò che non va bene, ma che posso modificare…forse allora posso benissimo raggiungere la felicità!

Dott.ssa Valentina Melilli

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valentina.melilli@libero.it

L’importanza di educare

Educare significa trarre fuori, condurre. Troppo spesso si perde di vista il ruolo genitoriale. Come se i bambini crescano da soli, diventando grandi senza una guida, senza un’educazione. Che ruolo hanno i genitori? Quello di condurre i bambini nella loro crescita, dando l’esempio, indicando la strada, supportando. Il genitore, l’adulto, é colui che conosce, che sa, che ha esperienza. Il bambino é un curioso osservatore pronto ad accogliere e conoscere. E il genitore lo accompagna in questa scoperta, indicando non cosa vedere, ma come vedere…

Io sono io,tu sei tu

Questa è la preghiera della Gestalt, una corrente psicologica. Trovo che sia molto bella, molto profonda, molto vera. L’importanza di vivere nel momento presente: qui e ora. Spesso viviamo proiettati nel futuro oppure portandoci dietro il nostro passato, con un peso, un fardello. E perdiamo di vista ciò che succede davanti ai nostri occhi, ciò che stiamo vivendo in questo preciso momento. Le aspettative,poi, che spesso abbiamo nei confronti degli altri. Nella vita ci si incontra, magari per un motivo, per delle affinità che ci uniscono, per il fato a volte… Ma ognuno vive la propria vita e non in funzione del fare qualcosa per l’altro. Altrimenti non sarà un incontro, ma solo una necessità. Come si fa ad incontrarsi veramente? Accogliendo l’altro e accettandolo per ciò che é, non per coo che vorremmo che fosse o per ciò di cui noi stessi abbiamo bisogno.

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